venerdì 21 gennaio 2011

Estratto dalla "Biografia non autorizzata di un folle"

di Angelica C. Gherardi

Chi è Sam Stoner? Uno scrittore? Un investigatore? Un giornalista? Un avvocato? Nessuno lo sa con esattezza, ma qualsiasi cosa egli sia, dietro al sostantivo ci sta bene l’aggettivo “privato”.

A New York lo si è visto spesso con in mano un taccuino a righe e una penna a sfera con inchiostro rigorosamente blu prendere appunti davanti ad una scena di violenza urbana, davanti al tribunale penale e federale, seduto su una panca accanto a qualche arrestato di fresco per reati minori e qualche puttana dal rossetto sbavato e le calze bucate arrestata per adescamento, davanti al banco “delle accettazioni” di qualche commissariato di quart’ordine. Ma bazzica altrettanto i cimiteri nei giorni di funerale o le hall degli hotel una volta di lusso e alla moda, adesso frequentati solo da vecchie signore di un’alta borghesia che fu.

E l’ambiente dei discendenti di nobili russi fuggiti da San Pietroburgo durante la rivoluzione di ottobre non ha per lui alcun segreto. Si dice anche che custodisca gelosamente un uovo Fabergé di grande valore donatogli da un’anziana duchessa il cui nome finisce in “ova” per non si sa bene quale servizio reso. Forse le aveva tirato fuori dai guai il figlio trascinandolo fuori appena in tempo da una bisca clandestina prima che sui tavoli, accanto alle fiches, apparissero le pistole. O forse è qualcosa di molto più personale che aveva ricordato alla vecchia che una volta era stata giovane e bella.

Il fatto che Sam sia ossessionato dal blu, nell’inchiostro delle sue penne ma anche nell’abbigliamento e negli oggetti che lo circondano, non ha niente a che vedere con il colore dei suoi occhi. Alcuni raccontano che sia perché da bambino è caduto in acqua e fosse quasi affogato precipitando in un lago gelato il cui ghiaccio troppo sottile si era rotto sotto il suo peso. Prima di perdere conoscenza era stato più di un minuto immerso in quel blu profondo privo di luce, a scrutare quelli che per lui erano abissi misteriosi popolati da chissà quali personaggi mitologici. Altri invece giurano che il blu gli ricordi quell’esperienza iniziatica che aveva vissuto in un lurido motel del deserto messicano dopo aver ingerito funghi allucinogeni; durante il “viaggio”, tutto blu, Sam aveva ricevuto La rivelazione, aveva capito il senso della vita, ma tutto si era puntualmente dissolto nel nulla quando gli effetti del fungo si erano evaporati. Da allora egli cerca di ritrovare la spiegazione di tutto nel blu di cui si contorna…

Gli unici vezzi e vizi conosciuti di Sam Stoner sono le sigarette di cioccolata che mangia forse solo due volte al giorno ma che tiene, ancora con la loro cartina bianca protettiva intorno, appese alle labbra dalla mattina alla sera, e la sua bevanda preferita, l’effervescente Brioschi. Le prime se le fa arrivare direttamente dal Belgio, patria della cioccolata ma anche di suo nonno, un diamantario ebreo fuggito da Anversa nel ‘39. Quando era arrivato a New York aveva cambiato il suo nome in Stoner, “pietraio” , riprendendo a esercitare il suo mestiere, tagliando e vendendo pietre preziose; era sempre rimasto un oscuro lavorante nascosto nel retrobottega di un’altrettanto oscura gioielleria del quartiere yiddish, ma era riuscito a mandare il figlio all’università. Di questo si era poi amaramente pentito, perché suo figlio, il padre di Sam, fuori dal ghetto aveva conosciuto troppa libertà, aveva smesso di mangiare kosher, di santificare lo shabat e alla fine aveva anche sposato una goy, una ragazza cattolica di origini italiane. Da quel giorno il padre ripudiò definitivamente il figlio, e Sam non conobbe mai suo nonno, belga come le sigarette di cioccolato che mangia.

L’effervescente Brioschi invece se lo fa venire dall’Italia, retaggio di quella santa donna di sua madre, tutta bellezza, passione e carattere, i cui genitori umbri avevano lasciato la Madre Patria per costruirsi un futuro migliore in America, senza mai però imparare l’inglese e continuando a parlare in dialetto. Si installarono a Little Italy dopo essere rimasti tre mesi parcheggiati a Ellis Island insieme a tanti loro connazionali, in attesa che le autorità americane concedessero loro di sbarcare sulla terra ferma per rifarsi una vita. Col tempo, dopo aver fatto mille lavori umili, riuscirono ad aprire una piccola bottega di prodotti tipici italiani, che pian piano negli anni si era ingrandita diventando un’istituzione per i newyorkesi. Little Italy vide i natali della madre di Sam e dei suoi sette fratelli e sorelle. Ma è lei di cui i genitori vanno più orgogliosi, quella che ha studiato e si è sposata con quel bell’uomo dagli occhi azzurri; vabbé, non è cattolico, però non va più alla sinagoga, festeggia con loro il Santo Natale e ha lasciato che il piccolo Sam crescesse nel grembo della Santa Chiesa…

martedì 18 gennaio 2011

Fenomenale Roth



In L'umiliazione di Philip Roth è impossibile trovare una sola pagina capace di allentare la tensione narrativa.
Quattro capitoli. Centotredici pagine. Un protagonista: Simon Axler. Il più grande attore drammatico della sua generazione e la sua improvvisa e incomprensibile incapacità di stare su un palco.
L’incipit inchioda, segnando anima e respiro. L’ho letto tre volte prima di andare avanti. Impossibile non farlo. In quelle righe c’è la semplicità e la forza del grande talento di Roth capace di tratteggiare un protagonista che in realtà è tutti noi. Noi che nelle nostre vite abbiamo un ruolo, una parte. La nostra, quella scritta per noi, figli, padri, mariti, amanti… Ma a chiunque può capitare di smarrire il copione. Ed ecco che non siamo più in grado di restare nella parte. Perdiamo il lavoro, la famiglia gli amici, le abitudini… tutto è smarrito, estraneo. Ma Roth ci lancia un salvagente. Sì, perché un salvagente c’è sempre e quello di Simon (il protagonista) ha le sembianze di Pegeen, una docente universitaria di quarant’anni lesbica e affascinante che lui ha visto nascere e che torna nella sua vita.
Nasce una relazione ambigua e infantile dove il sesso implode e travolge, sorprende nella sua spinta eroticità. I due si nutrono l’uno dell’altra, ritrovando, così, la forza di essere se stessi, quale che sia la natura che hanno nell’animo, al punto che Pegeen diventa eterosessuale e Simon ritrova la forza per tornare a recitare. Ma Roth è imprevedibile e sfuggente e soprattutto implacabile. Nei suoi universi tutte le certezze sono destinate a crollare tragicamente.
Una nota a parte merita la donna descritta da Roth. Una donna che il grande scrittore si diverte a fare a pezzi. Non viene salvata in nessun ruolo: madre, moglie, figlia, amica, amante, etero, lesbica… La donna per Roth è la quinta essenza del fallimento completo. Tragica e comica nell’affannata e inutile ricerca di se stessa.
L’umiliazione è un vero Capolavoro.

© 2010 by Sam Stoner

L'umiliazione
Philip Roth
Einaudi
Anno 2010
114 pagine
€ 17.50
Traduzione: Mantovani V.


lunedì 17 gennaio 2011

Il padre e lo straniero al Festival del Cinema di Roma


Da sinistra, Amr Waked, Kseniya Rappoport, Ricky Tognazzi

Coppia d’eccellenza, Tognazzi-Gassman per Il padre e lo straniero presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Roma. Naturalmente si tratta dei figli, Ricky Tognazzi dietro la macchina da presa e Alessandro Gassman davanti l’obiettivo. Film complesso che nasce dall’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo. Questa volta Simona Izzo, insieme allo scrittore, ha curato la sceneggiatura.
La storia: Diego, impiegato ministeriale, è padre di un bambino disabile. Nell'istituto dove suo figlio è seguito, incontra Walid, elegante mediorientale che porta lì il suoYusuf. Tra i due padri nasce un'amicizia, un giuramento di lealtà reciproca. Walid non parla mai della sua vita, ma rivela a Diego una Roma sconosciuta e segreta, risvegliando in lui desideri sopiti di felicità. Finché non scompare. Al suo posto appare un agente dei servizi segreti, che è proprio sulle tracce di Walid. E Diego è una delle tracce. La progressiva scoperta della verità sulla vita di Walid sconvolgerà la vita di Diego, costringendolo infine a una difficilissima scelta, tra la fedeltà alle leggi dello stato e la fedeltà a qualcosa che non ha forse nome, ma che ha il suo fondamento proprio nell'essere un padre. Dopo Ultrà, La scorta e Canone inverso, un’altra storia in cui l’amicizia maschile è il motore della vicenda, e chiave di volta per risolvere i problemi esistenziali del protagonista. “Il nostro è un film - dice il regista - con un messaggio di pace, che racconta come il dolore condiviso possa davvero unire due persone e che tenta di riflettere sul pregiudizio di cosa si considera normale e cosa diverso: alla fine, credo sia palese, la diversità non può essere intesa altrimenti se non come motivo di crescita." Infatti nel film la parola “diverso” o “normale” acquista un significato di volta in volta diverso. Diverso è Walid, imprevedibile e trascinante. Diversi sono i figli di Diego e Walid. Diversa è la realtà che Diego vorrebbe vivere. Ma questo messaggio sembra un po’ perdersi nel corso della narrazione cinematografica di un film che di certo si può definire ambizioso. Del resto, la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo presentava da subito evidenti
difficoltà. Il romanzo tratta numerosi temi, troppi. E le centoquarantuno pagine non sono sufficienti a sviscerarli tutti. Figuriamoci in una riduzione cinematografica. Ma il pericolo di realizzare un film confuso, come appunto è accaduto, si sarebbe potuto evitare decidendo in sede di sceneggiatura di privilegiare un tema piuttosto che un altro. Purtroppo Simona Izzo e lo stesso De Cataldo, sceneggiatori della pellicola, hanno deciso di ficcarci dentro tutto: l’amicizia, la differenza e diffidenza culturale, la spy story, la storia d’amore, il problema della disabilità.
Temi importanti, ma che proprio perché così rilevanti hanno bisogno di un adeguato spazio per poter essere trattati come meritano. Spazio che in centodieci minuti è impossibile trovare. Non a caso, al termine della proiezione al Festival del Cinema di Roma non si sono sentiti applausi. Pareri discordi, invece, sulla performance dei protagonisti. Per alcuni sottotono travolta dalla confusione della storia, per altri, invece, unico elemento positivo ma insufficiente a salvare la mancanza di lucidità della sceneggiatura e i molti punti deboli della narrazione e dei dialoghi.
Una nota sul backstage. Parte delle riprese sono state girate all’Eur all’interno del Palazzo degli Uffici e negli esterni del Salone delle Fontane. Inconfondibili gli ambienti dell’ufficio di Diego (Alessandro Gassman), oltre che per il panorama offerto dal Parco del Ninfeo anche per una serie di particolari d’interni d’epoca. Il Palazzo degli Uffici, infatti, è il solo edificio del complesso architettonico dell’Eur completamente finito (dagli arredi alle maniglie agli infissi) con materiali e complementi d’interni del ’42.

© 2010 by Sam Stoner

Pubblicato sul periodico Eur la città nella città n° 5 -2010

venerdì 24 dicembre 2010

Natale in noir e Sam Stoner

Un grazie ad Alessandra Buccheri e Paolo Gardinali, curatori dell'antologia Natale in Noir per aver selezionato il mio racconto "Suicidio e resurrezione" insieme ai racconti di Vito Bollettino, Sandrone Dazieri, Romano De Marco, Gianfranco Ferrari, Ida Ferrari. Paolo Franchini, Angelo Marenzana, Frank Gordon, Marco Vichi.
L'antologia si può acquistare su Lulu.com.



mercoledì 1 dicembre 2010

A Conversation with Stephen King

Stephen King in una chat live parlerà del suo nuovo libro, FULL DARK, NO STARS. Sintonizzati Mercoledì 8 dicembre 2010 - 19:00 PST EST/4pm.
Join bestselling author Stephen King in a live chat about his new book, FULL DARK, NO STARS. Tune in Wednesday, December 8th, 2010 - 7pm EST/4pm PST.


Se vuoi che Stephen King risponda a una tua domanda , inviala a:
scribner.books@simonandschuster.com
If you have a question you would like Stephen King to answer during the chat, please send it to: scribner.books@simonandschuster.com

domenica 28 novembre 2010

NEW YORK - Itinerari di viaggio di Sam Stoner



















New York.
La città più rappresentata al cinema.
La più amata e la più odiata. Simbolo del consumismo e del sogno americano.
Almeno una volta nella vita, tutti abbiamo manifestato il desiderio di visitarla. Per capire, per stupirci, per vedere dove nasce ogni fenomeno sociale, modaiolo, musicale, politico, artistico.
La New York della quale vi parlerò è quella nascosta, fuori dalle guide ufficiali, ma anche quella più vicina al cuore della Grande Mela. Una New York complice, ruffiana, ammiccante, una donna che sa di essere bella e che non ha bisogno di ostentare la sua bellezza. Bellezza che poche settimana fa, si è arricchita di un prezioso cameo:
Eataly, oltre 6.000 metri quadrati dedicati all’eccellenza enogastronomica italiana sul tetto del Toy Building, un palazzo fine Ottocento di fronte all’iconico grattacielo Flatiron, nel cuore di Manhattan, all’angolo tra Quinta a 23esima. Qui gli americani possono finalmente mangiare i veri spaghetti al pomodoro, fatti con i pelati San Marzano, pochissimo aglio e zero cipolla. Un piatto di pasta costerà sui 12 dollari, un'orata alla griglia 18, una caprese – con la mozzarella fatta "dal vivo", sotto il naso degli avventori – a partire da 9 dollari. La pasticceria è un viaggio nei dolci regionali, descritti nella cartina italiana sulla parete: si va dai sospiri pugliesi ai cannoli siciliani, dal tiramisù piemontese alla pastiera campana. «Non vogliamo che si venga qui per mangiare e basta», spiega lo chef Batali, «ma che si venga, si assaggi e poi si faccia la spesa». Gli scaffali, infatti, sono pieni dei prodotti italiani di qualità (la pasta di Gragnano, le pastiglie Leone, il cioccolato Venchi e Novi, le marmellate, i biscotti, l'olio extravergine, i vini ecc.), con il pane cotto in giornata.
In caso di spesa, vi consiglio di munirvi di un folding shopping cart, un orribile, fuori moda e utilissimo carrello pieghevole (costo 25 dollari). A New York si usa poco l’auto e, a parte lo Store di Eataly, nei supermercati le confezioni sono giganti. Tanto per fare un esempio, l’acqua si vende in contenitori da 1 gallone e cioè da 5 litri. Senza lo shopping cart mettete a rischio la schiena, per non parlare del vostro look, sciolto sotto al sudore.
Per chi, come me, fosse un amante del Brownie (non me ne vorrà l’amato Tiramisù), c’è una tappa obbligata: il Chelsea Market, il grande mercato di lusso dove si trova la Fat Witch Bakery, che vende solo Brownies. Il brownie normale costa $2.85, ma c’è un trucco per risparmiare, basta chiedere di avere il vostro Brownie, “unwrapped” ossia non confezionato. Sempre che lo divoriate appena usciti dal negozio. In questo modo potete comprare il brownie normale a solo $1.50. Oppure potete darci dentro con gli assaggini gratuiti che sono vicino alla cassa. Non siamo in Italia, nessuno vi riprenderà perché ne avete ingurgitati 6 o più. Fidatevi.
Gli amanti del musical non potranno perdere l’evento della stagione “Spider-Man, Turn Off The Dark” in scena a Broadway, al Foxwoods Theatre, da metà novembre. Testo e musiche di Bono e The Edge degli U2. Affrettatevi a comprare i biglietti, si preannuncia il tutto esaurito.
Mentre chi predilige i classici non potrà mancare l’appuntamento al Broadhurst Theatre con il dramma shakespeariano Il mercante di Venezia che avrà come protagonista il leggendario e ancora affascinante, udite-udite, Al Pacino. L'attore interpreterà solo 78 performance dal 19 ottobre al 9 gennaio 2011. Da pochi giorni il teatro ha iniziato la prevendita dei biglietti al prezzo di 149 euro.
Per chi desiderasse passare una sera romantica o con amici con musica dal vivo, tappa obbligatoria è il Bar-Ristorante di Jason Stevens (l’uomo che ha rifiutato il posto da vice presidente della Merryl Lynch per dedicarsi al settore della ristorazione) situato al 147 Front Street. Time Out New York, lo ha definito il santuario dell'arte del mangiare e bere, arricchito da un vero cameo, il reRun Theatre. Si tratta di una sala cinematografica dove le classiche poltroncine sono sostituite con 60 sedili posteriori recuperati da mini van abbandonati. Una sorta di drive-in, ma senza auto, all'interno di un locale che ricorda l'esterno di un edificio, con mattoni e graffiti. Qui si può assistere a film di culto e indipendenti che non troverebbero spazio in altri teatri newyorkesi.
Se non potete fare a meno di acquistare t-shirt il vostro “paradiso” si trova al quartiere NoLita, al 227 di Mulberry Street, dove da poco ha aperto "Scout Vintage T-shirts", un negozio interamente dedicato alle t-shirt vintage. Ce ne sono a migliaia, tutte divise per colore, da quelle sportive a quelle souvenir fino a quelle rarissime dei concerti degli anni '70. Memorie d'altri tempi, per collezionisti e curiosi.
Non poteva mancare l’arte, in questo caso la fotografia con il maestro Lee Friedlander, al Whitney Museum (www.whitney.org) con la mostra “America By Car”, che attraverso i suoi scatti ci guida, come ha scritto Karen Rosemberg sul New York Times, attraverso le ossessioni e le eccentricità degli Stati Uniti all'inizio del ventunesimo secolo utilizzando gli specchietti laterali, lo specchio retrovisore, il parabrezza e i finestrini come cornici entro le quali immortalare i riflessi di bar lungo la strada: motel, chiese, monumenti, ponti sospesi, essenziali paesaggi americani, e spesso, anche la sua stessa immagine. La mostra chiuderà il 28 novembre 2010.

Pubblicato sul periodico Eur la città nella città n° 4 -2010

© 2010 by Sam Stoner

mercoledì 24 novembre 2010

La moglie di un pedofilo

Francesca ha 10 anni.
È figlia unica. Vive con i genitori a Palermo.
Una sera di luglio va con i genitori a casa di amici. Finita la cena Francesca entra in bagno, chiude a chiave la porta, apre la finestra e si getta nel vuoto.
Si schianta al suolo dopo un volo di 7 piani.  
La polizia.
Una lettera.
La verità.
Il padre la violentava da anni.
Si era confidata con la mamma la settimana prima. La mamma l’aveva sgridata. Non permetterti più di dire certe cose di tuo padre!
Quella sera di luglio la piccola decide che non sarebbe tornata in quell’inferno chiamato casa. Meglio la morte a quella atroce tortura.
Io vedo i suoi occhi.
La vedo in nel bagno in quegli attimi che precedono il volo. Riuscite a vederla? Siamo lì con lei.
Il suo viso guarda il vuoto che si apre fuori della finestra. Non ha alternative Francesca. Dietro la porta del bagno la follia dell’orrore, di qua la morte. La sola capace di porre fine a tutto. Una decisione disumana, così grande per una bambina così piccola. Così sola.
Quando si viene al mondo si può contare solo su una cosa, la propria famiglia. Ma quegli occhi vedevano un mondo esterno sconosciuto e una famiglia che continuava a lacerarla e distruggerla.
Ecco il volo. E la fine del dolore.

Devo e tutti voi dovete puntare il dito contro quel gran figlio di puttana del padre. E risparmiatevi le solite disgustose disamine riguardo le ragioni che hanno lo hanno portato a violentare la figlia. In questa storia la vittima è una sola, e in questo momento i resti del suo corpo sono sottoterra. Le persone rimaste in vita sono i carnefici!
Ma i protagonisti non sono soltanto due, Francesca e quel pezzo di merda del padre, ma tre…
La terza protagonista è la mamma di Francesca.
Lei avrebbe dovuto difendere la figlia.
In natura non c’è bestia più feroce di una femmina che difende i propri cuccioli. Gli animali lo sanno. Gli esseri umani no.
Vedo lo sguardo della mamma mentre è a letto. Anche voi lo vedete. Siamo tutti lì, dentro quella casa. È sera. La cena è stata consumata e seguita dalle due, tre ore di programmi televisivi. Tutto scorre nella normalità, come in ogni famiglia. Il marito è accanto alla moglie. Tutto è normale fino a quando lui si alza e va nella stanza della figlia.
La moglie sa.
Finge di non sapere.
Lei continua a vedere la televisione.
Lei è incazzata perché quella sgualdrina della figlia gli ruba l’uomo.
Poi, il solito straccio di difesa. La sola che può avanzare: “Mio marito è più forte, cosa potevo fare?”
Tutto poteva fare. Vi chiedo: per chi, se non per un figlio si può rinunciare alla propria vita? Avrebbe dovuto mettersi davanti alla figlia e prendere botte fino a morire… ecco cosa avrebbe fatti un qualsiasi genitore.
Ma la risposta è diversa. Fa così: “Quello è mio marito, se lo uccido dove mai potrei trovare un altro uomo disposto a starmi vicino?”
I figli? Sono solo creature sacrificabili. Sacrificabili come la tua anima, cara mamma. Un’anima che sarà flagellata per l’eternità. Io però, al momento, mi accontento di vederti crepare. In fondo è una ben misera richiesta rispetto a un dolore eterno. Quindi apri quella finestra… tua figlia ti sta aspettando.

Dedicato a tutte le donne il cui marito stupra le figlie.

©2010 by Sam Stoner

sabato 20 novembre 2010

Ho visto Sam Stoner, quel gran figlio di... di Harlaan McFarlan

Era una notte di Agosto.
Ero appena uscito da uno sballo di alcool e fica nella villa di un caaaaro amico di cui per ovvie ragioni non posso fare il nome (alcune ragazze erano poco meno che minorenni! Ma con un culo...).
Erano circa le tre quando guardai le lancette del mio Rolex nascoste dietro raffermi Schizzi di Liquidi Organici sparsi un pò dovunque: sul quadrante, sulla pelle, su un desiderio ancora urlante e fremente ma davvero un pò troppo stanco per ulteriori smaneggi, sbevazzi e scazzi. Erano circa le tre dicevo, così decisi di andare. Inforcai una serie di stipiti dei più stravaganti stili e dimensioni e mi ritrovai fuori della magione, su rabesco e ruvido asfalto.
Non c’è che dire. Era proprio una gran notte quella. Fresca, tersa e di una così gradevole gentilezza da sperare che per quel giorno il sole se ne restasse a sonnecchiare per qualche altra ora dopo l’alba.
Non potevo che farmela a piedi. Del resto si trattava solo di qualche miglio e mi sarebbe servito per far svaporare i densi fumi etilici che continuavano a stringersi intorno alla testa, con una morsa più stretta delle calde e lisce cosce di quella biondina tutto fuoco... Alina... Alicia... Aspetta, com’è che si chiamava...? Va' un pò a ricordarne il nome... Mah! Non importa. Ciò che conta è che i piedi cominciarono a muoversi. E io dietro loro. Mi sembrava stessero andando nella direzione giusta. Ma in fondo chi può dire quale sia?
Ad ogni modo camminavo e questo era già abbastanza nelle condizioni in cui mi trovavo. Camminavo e contemplavo quel cielo chiedendomi come cavolo avesse fatto a diventare più rosso del buco del culo di Jemina, Oh Jemina! Il tuo nome non lo scordo di sicuro. Che corpo! Che donna! Che culo!
Ero completamente immerso in quella contemplazione culoastronomica quando avvertii l’impellente bisogno di fare quella che si apprestava a diventare la più gran pisciata della mia vita.
La strada era... Be’... La tipica strada provinciale del nord California, di quelle costeggiate da entrambi i lati da una fitta boscaglia.
Mi avvicinai al ciglio sulla destra e lo tirai fuori, ma non appena cominciai a scrosciare vigorosamente nel silenzio di quella rubineggiante notte, fui catapultato in una delle urlanti pagine di Stephen King! Anche se per un momento mi vidi come pezzo di apertura in cronaca nera e persino tra i necrologi della edizione del mattino del Sentinel.
Successe che mentre caldeggiavo il mio docile e appagato prepuzio, una strafottuta ombra sbucò fuori dall’arbusto cavo di una vecchia quercia, proprio lì vicino, a due passi da me, facendomi trasalire, impietrire, scattare, urlare.
Letteralmente ra-ggo-mi-to-lare. Altro che prendere un pò di fresco. Mi arrivò addosso l’intero Circolo Polare Artico!
Pensai fosse un orso. Un cinghiale. Un cazzo di lupo mannaro pronto a sbranarmi. Per lo spavento feci un tale balzo indietro da cadere a terra sulla schiena, tenendo gli occhi incollati su quella minacciosa ombra mentre il mio fottuto orpello continuava a schizzare liquidi ovunque: a terra, sull’asfalto, sui pantaloni, sulla camicia... Del tutto noncurante di quello che stava accadendo. Di quell’imminente pericolo che gravava torvo e ansimante proprio sopra di noi.
“Come butta Harlaan ?”
Furono queste le bestiali parole che proruppe quell’essere con una voce che sembrava avesse rubato ad un sepolto vivo dopo ore di strepiti e disperazione e straziante pianto in procinto di crepare asfissiato. E poi... accadde quello che più temevo: semplicemente l’inevitabile e logico seguito di quella scena stronca cuore: l’ombra cominciò ad avanzare. Solo due lenti, implacabili, decisi passi e il suo viso si accese di Luna.
“Sam Stoner?!” Era proprio lui. “Ma che cazzo ti salta in mente? Nasconderti in quel coso... Mi hai fatto quasi venire un infarto!”
E Sam, tutto tranquillo, come se ci trovassimo davanti ad un cognac a parlare di letteratura e fica mi fa’: ”Ma l’hai infilato in trita rifiuti? E' tutto... spiegazzato, ciondolante e... per la miseria Harlaan è più rosso del buco del culo di Jemina!”
Buttai un’occhiata e... aveva proprio ragione. Certo che quella Jemina...
“Ti faccio causa brutto stronzo, ti faccio finire sotto un ponte a scrivere necrologi!”
Fu la prima cosa che ci venne in mente, me e il mio batacchio tutto sorridente e appagato per la sgorgheggiante mingitura appena terminata.
“Perché sabato non fai un salto da me Harlaan? Do’un party. Sono venuto a portarti l’invito.”
“Invito!? A quest’ora di notte?? Ma... tu sei pazzo! Sei un fottuto psicopatico del cazzo! Ecco cosa sei!”
“Scusami per lo spavento. Ma lo sai, le entrate ad effetto sono il mio forte.”
E mi sparò in faccia quell’agghiacciante sorriso scuoia anime insieme ad una busta chiusa con un nastro di seta rosso.
“Vaffanculo Sam!”
Gli urlammo contro io e il mio rubicondo cincino, immersi fino al collo in una catramosa poltiglia di paura, rabbia, stupore e vivido risentimento. Dopo di che quello stronzo di Sam si rinfilò nel tronco e... be’, semplicemente scomparve.
Da allora non l’ho più visto.

(Malibù, California)



lunedì 15 novembre 2010

Io, Antonin Artaud

Io, Antonin Artaud, nato il 4 settembre 1896 a Marsiglia, Rue du Jardin des Plantes 4, da un utero con cui non avevo niente da spartire e con il quale già prima non avevo niente da spartire, poiché non si conviene nascere da una copula, dopo nove mesi di masturbazione con una pellicola, una fulgida pellicola che, come dicono gli UPANISCHADI, deglutisce senza denti.

E io so di essere nato in altra maniera. ATTRAVERO LE MIE OPERE. Non da mia madre. E tuttavia mia madre mi volle avere comunque.

E vedete dalla mia vita cosa ne è venuto fuori [...] che non significa che io sia nato il 4 settembre 1896 a Marsiglia, come afferma il mio stato civile, bensì ricordo di essere passato una certa notte allo spuntar del giorno. Mi ricordo di aver compiuto da solo in quella notte la mia incarnazione, invece di averla ricevuta da un padre e da una madre. E FU UN BELLO SCANDALO, UN'INCARNAZIONE CLANDESTINA; FUORI LUOGO E SENZA PATRIA.

giovedì 21 ottobre 2010

Tecla Dozio e il mistero degli scrittori fantasma di Sam Stoner


Sabato 16 ottobre. Ore 18.32.
Un cielo più grigio di una pallottola incagliata in una lastra di piombo si staglia dietro i palazzi che mi separano dalla libreria Rinascita e dall’attesa presentazione libresca che avrà come ospite d’eccezione proprio “Lei”. L’appuntamento era per le 18.00 ma i soliti impegni di lavoro mi hanno trattenuto oltre il dovuto. Nessuno saprà mai che questi impegni avevano le più belle tette mai viste dai miei occhi blu.
Spero di non arrivare in ritardo. Spero che “lei” se la sia tirata come tutte le bellocce ( eh sì, sembra che in Italia ci siano anche buone scrittrici bellocce) che sono passate in questa libreria per presentare i loro romanzi, arrivate “tutte” con almeno mezz’ora di ritardo. Primedonne…
Parcheggio e mi avvio a passo spedito. Mentre mi avvicino penso alla folla stipata nella libreria, sedie affastellate e sardine umane in piedi con Bukowski che dai suoi eterni libercoli allunga una mano per palpare il palpabile e Candace Bushnell che annota il telefono di prestanti scrittori in erba. Certo, se sarà questo lo scenario il problema non sarà restare in piedi, per “lei” si può anche restare impalati per un paio d’ore, piuttosto farmi raggiungere dalla sua voce. Il cielo non voglia che dopo le tette rimaste orfane delle mie mani non riesca neanche a sentirla.

La libreria compare all’orizzonte. Il marciapiede è sgombro, l’entrata pure. Mi puzza. Mi avvicino fino ad avere a tiro la vetrina dalla quale scorgo una composta platea. Lo sapevo, la presentazione è saltata e hanno tappato il buco con qualche poeta beat strafatto di Ginsberg tagliato male. Roba che neanche Remo Remotti in pieno sonno REM e con le adenoidi in massima attività potrebbe competere.
Non mi scoraggio. Decido ugualmente di varcare la soglia. Me lo devo.
Sorpresa! “Lei” è lì.
Lei èTecla Dozio. Parla con appassionato trasporto del panorama Giallo in Italia mentre le sue mani disegnano nell’aria diagrammi Connelliani , grafici “Fois” e proiezioni Deaveriane.
Non è sola, al suo fianco i suoi angeli custodi, la coppia “nera” della Capitale: Ale “AngoloNero” Buccheri e Enzo “Bodycold” Carcello. I Mickey & Mallory Knox ( Natural Born Killers, N.d.R.) delle presentazioni. Si scambiano battute come la più consumata coppia di comici mai apparsa sulla scena off-off-off Broadway. Qualche maliziosa mente potrebbe pensare che ci sia una liaison tra i due. Be’, sarebbe una mente folle. Come fidanzatini non resisterebbero un‘ora insieme. Il fatto è che lei è troppo tosta, e come tutte le donne toste metterebbe sotto qualsiasi uomo. Persino lui, “Bodycold”, a vederlo un fottuto gangsta East Coast e ad ascoltarlo un esperimento genetico concepito da Joe Lansdale e Tess Gerritsen.
Cerco una sedia libera ma non ce ne sono, resto in piedi, in ultima fila.

Tutto sommato in piedi è meglio, così posso vederla bene e stampare questo evento nella mia malridotta memoria. Potrò ricordare a me stesso che Tecla Dozio è stata davanti a me, lei e le sue chiappe noir IGP, al momento sprofondate sul divano di Corpi Freddi. Un divano che a dispetto di “Bodycold” e dell’obitoriale locandina (la più strepitosa e tosta locandina noir dell’anno) raggiunge in fretta temperature elevate. Responsabile di questo innalzamento termico solo lei, Tecla Dozio. Una macchina da guerra capace di sparare su chiunque: scrittori, editori, giurati di concorsi, organizzatori di premi, distributori, lettori di bozze. Ovunque ci sia mancanza di professionalità, improvvisazione, inciuci, smaneggi arriva lei e butta il suo forbito Napalm facendo tabula rasa. E non perché sia cattiva, ma solo perché ama la letteratura (con una passiocella giovanile per il Giallo che ancora si porta dietro). La ama visceralmente. E non accetta che nessuno la usi, la manipoli, la banalizzi.
Ma Tecla parla anche di scrittura, di editing, svela piccoli trucchi e mette in guardia dalle trappole che si insidiano nello scrivere un romanzo. Una lezione che oggi ben pochi sono disposti a regalare. Ognuno tiene per sé quello sa, e lo centellina come fosse il quarto segreto di Fatima (!?). Non lei. Ma lei è Tecla e per chi non lo sapesse nel suo letto accoglie un tipaccio, Mr G.T. Noir, che le dona sfolgoranti, sordide e lussuriose literary slam sessions più hard boiled della mascella di Mike Hammer. Speriamo che la notizia non arrivi alle orecchie del suo compagno ufficiale, il posato e un po' dandy, Mr Literature. 

Che lezione quella di sabato!
Ma si sapeva, del resto nel programma fatto girare tra le migliaia di utenti facebookiani e tra le centinaia di addetti ai lavori c’era proprio scritto il suo nome! E allora, dove sono tutti?
Una domanda questa che ha continuato a girarmi in testa neanche avessi tra le orecchie una vasca con dentro uno squalo affamato all’ora di cena.
Davanti a me, alla libreriaRinascita, molte chiome (e pelate) di appassionati del genere come Maurizio Testa (Chairman del Dizionario atipico del giallo) presente seppur influenzato, Paolo Cingolani (autore e regista cine televisivo) e il “Carol tel vip”. Ma gli addetti ai lavori? E… gli scrittori?
Ho pensato ci fosse una partita di calcio valida per accedere alla finale del torneo della parrocchia o che stessero trasmettendo la puntata chiave di Ciranda de Pedra o che Berlusconi stesse annunciando a reti uniFICAte (so che al berlusca questa parola piace molto) la decisione di spogliarsi dei suoi beni e indossare un saio per partecipare al Saio Party dell’anno ad Antigua.
Ma no, niente di tutto questo.
La verità è un’altra, è che Roma è una città piena di scrittori fantasma! Abitano nelle antiche galere di Castel Sant’Angelo, nelle catacombe, nei sotterranei del Vaticano. È lì che lavorano e sfornano i loro capolavori. Non hanno tempo di venire ad ascoltare Tecla Dozio. Cacchio, sono fantasmini impegnati. Che credete! Sono impegnati a tirarsela su internet (sono fantasmi al passo con i tempi!), impegnati a spalleggiarsi, impegnati a intervistarsi, impegnati a citarsi vicendevolmente, esaltandosi e glorificandosi. Si fanno i loro E-magazine, i loro blog…  
E il fatto che Lansdale o Deaver, se presenti a Roma, sarebbero passati in libreria, quanto meno per salutare la loro amica Tecla, non è rilevante, qui siamo a Roma, dicono i fantasmini: “ma chi so’ sti cosi stranieri, sti americani che je piace ‘sta Tecla. Noi semo scrittori fantasma impegnati.”
Non so se sia più indicato Er monnezza alias Tomas Milian per rispondergli nei dovuti gentili modi o Dan Aykroyd con il suo zaino protoico da Ghostbuster.
Mia nonna, nella sua spontanea schiettezza, avrebbe chiesto: Ma in tutto questo, mio piccolo Sam, la ciccia dov’è?
Cara nonna, la ciccia, ossia la Scrittura, non serve. Viene per ultima, se viene. E ormai, qui a Roma, non vede un orgasmo da decenni, altro che venire.
I cadaveri non sono quelli narrati nei romanzi, no, sono quelli degli pseudo-scrittori e delle pseudo-scrittrici della Capitale.
Imbalsamatori e becchini ringraziano.
Il Giallo e la Narrativa invece no, sono molto contrariati, per non dire incazzati.



Voglio ringraziare gli appassionati del genere e ad alcuni addetti ai lavori come Angolo Nero e BodyCold più un pugno di gentaglia di cui diffidare, unica vera linfa vitale e pulsante di questo meraviglioso mondo giallo capitolino dall’anima noir.
E un grazie speciale a Tecla Dozio, carismatica voce delle letteratura italiana.

Copyright 2010 © by Sam Stoner

sabato 16 ottobre 2010

Psicologia e Arte - Fantasmi personali e fantasmi collettivi di D_orei


(Max Ernst, The eye of silence)


Fantasmi personali che si sommano ai fantasmi collettivi, come sembra suggerire anche l'opera di Max Ernst, la personalità più rilevante e visionaria del Surrealismo tedesco, che amplifica in uno spaventoso scenario d'Ombra, gli orrori dell'inconscio personale e gli oscuri presagi della devastazione bellica.

Impregnata di Morte e immobilismo, l'opera di Ernst recupera il carattere metamorfico delle immagini oniriche, che divengono creature, o meglio elementi da riconsegnare a una coscienza pietrificata e inerte.
...La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome.
L’arte è soprattutto visione e la visione, molte volte, non ha nulla in comune con l’intelligenza né con la logica delle idee...

continua qui... http://it.netlog.com/groups/degli_artisti/forum/messageid=1021984

domenica 10 ottobre 2010

Muori e non rompere i coglioni!


Copyright 2010 © by Sam Stoner
Ha destato scalpore una notizia di un patto tra 5 amici ventenni per investire con l’auto gli ignari abitanti della ridente cittadina di Lucignola, in provincia di Lucca.
Il patto mirava a stabilire chi di loro fosse riuscito per primo ad acquistare la libertà dopo l’omicidio dei pedoni.
La lugubre “gara” è stata sventata dalle forze dell’ordine solo a poche ore dall’inizio grazie a una denuncia anonima. Gli inquirenti ritengono che la telefonata sia pervenuta da un broker delle compagnie assicurative che coprivano le auto. I 5 ragazzi sono stati affidati alla custodia delle rispettive famiglie in attesa della data del processo, nel mentre, per ingannare la noia, si sono cimentati nel lancio di massi da un cavalcavia causando la morte di 2 coniugi e il ferimento di 3 persone.
Le associazioni per i diritti degli inquisiti di omicidio hanno proclamato uno sciopero generale di tutte le associazioni sindacali per ribadire il diritto di ogni cittadino italiano ad ammazzare chi cazzo gli pare. I parenti delle vittime sono stati confinati in un area rurale priva di energia elettrica e di servizi per prevenire qualsivoglia richiesta di giustizia. Gli stessi saranno deportati nel territorio dei casalesi nel napoletano nel caso di future apparizioni televisive o di penosi piagnistei su mass media.