La moglie di un pedofilo

Francesca ha 10 anni.
È figlia unica. Vive con i genitori a Palermo.
Una sera di luglio va con i genitori a casa di amici. Finita la cena Francesca entra in bagno, chiude a chiave la porta, apre la finestra e si getta nel vuoto.
Si schianta al suolo dopo un volo di 7 piani.  
La polizia.
Una lettera.
La verità.
Il padre la violentava da anni.
Si era confidata con la mamma la settimana prima. La mamma l’aveva sgridata. Non permetterti più di dire certe cose di tuo padre!
Quella sera di luglio la piccola decide che non sarebbe tornata in quell’inferno chiamato casa. Meglio la morte a quella atroce tortura.
Io vedo i suoi occhi.
La vedo in nel bagno in quegli attimi che precedono il volo. Riuscite a vederla? Siamo lì con lei.
Il suo viso guarda il vuoto che si apre fuori della finestra. Non ha alternative Francesca. Dietro la porta del bagno la follia dell’orrore, di qua la morte. La sola capace di porre fine a tutto. Una decisione disumana, così grande per una bambina così piccola. Così sola.
Quando si viene al mondo si può contare solo su una cosa, la propria famiglia. Ma quegli occhi vedevano un mondo esterno sconosciuto e una famiglia che continuava a lacerarla e distruggerla.
Ecco il volo. E la fine del dolore.

Devo e tutti voi dovete puntare il dito contro quel gran figlio di puttana del padre. E risparmiatevi le solite disgustose disamine riguardo le ragioni che hanno lo hanno portato a violentare la figlia. In questa storia la vittima è una sola, e in questo momento i resti del suo corpo sono sottoterra. Le persone rimaste in vita sono i carnefici!
Ma i protagonisti non sono soltanto due, Francesca e quel pezzo di merda del padre, ma tre…
La terza protagonista è la mamma di Francesca.
Lei avrebbe dovuto difendere la figlia.
In natura non c’è bestia più feroce di una femmina che difende i propri cuccioli. Gli animali lo sanno. Gli esseri umani no.
Vedo lo sguardo della mamma mentre è a letto. Anche voi lo vedete. Siamo tutti lì, dentro quella casa. È sera. La cena è stata consumata e seguita dalle due, tre ore di programmi televisivi. Tutto scorre nella normalità, come in ogni famiglia. Il marito è accanto alla moglie. Tutto è normale fino a quando lui si alza e va nella stanza della figlia.
La moglie sa.
Finge di non sapere.
Lei continua a vedere la televisione.
Lei è incazzata perché quella sgualdrina della figlia gli ruba l’uomo.
Poi, il solito straccio di difesa. La sola che può avanzare: “Mio marito è più forte, cosa potevo fare?”
Tutto poteva fare. Vi chiedo: per chi, se non per un figlio si può rinunciare alla propria vita? Avrebbe dovuto mettersi davanti alla figlia e prendere botte fino a morire… ecco cosa avrebbe fatti un qualsiasi genitore.
Ma la risposta è diversa. Fa così: “Quello è mio marito, se lo uccido dove mai potrei trovare un altro uomo disposto a starmi vicino?”
I figli? Sono solo creature sacrificabili. Sacrificabili come la tua anima, cara mamma. Un’anima che sarà flagellata per l’eternità. Io però, al momento, mi accontento di vederti crepare. In fondo è una ben misera richiesta rispetto a un dolore eterno. Quindi apri quella finestra… tua figlia ti sta aspettando.

Dedicato a tutte le donne il cui marito stupra le figlie.

©2010 by Sam Stoner

Commenti

Galatea ha detto…
Sam non riesco a commentare questo articolo, la mia mente si rifuta di immedesimarsi, le emozioni sono troppo forti, brutti bastardi!