Estratto dalla "Biografia non autorizzata di un folle"

di Angelica C. Gherardi

Chi è Sam Stoner? Uno scrittore? Un investigatore? Un giornalista? Un avvocato? Nessuno lo sa con esattezza, ma qualsiasi cosa egli sia, dietro al sostantivo ci sta bene l’aggettivo “privato”.

A New York lo si è visto spesso con in mano un taccuino a righe e una penna a sfera con inchiostro rigorosamente blu prendere appunti davanti ad una scena di violenza urbana, davanti al tribunale penale e federale, seduto su una panca accanto a qualche arrestato di fresco per reati minori e qualche puttana dal rossetto sbavato e le calze bucate arrestata per adescamento, davanti al banco “delle accettazioni” di qualche commissariato di quart’ordine. Ma bazzica altrettanto i cimiteri nei giorni di funerale o le hall degli hotel una volta di lusso e alla moda, adesso frequentati solo da vecchie signore di un’alta borghesia che fu.

E l’ambiente dei discendenti di nobili russi fuggiti da San Pietroburgo durante la rivoluzione di ottobre non ha per lui alcun segreto. Si dice anche che custodisca gelosamente un uovo Fabergé di grande valore donatogli da un’anziana duchessa il cui nome finisce in “ova” per non si sa bene quale servizio reso. Forse le aveva tirato fuori dai guai il figlio trascinandolo fuori appena in tempo da una bisca clandestina prima che sui tavoli, accanto alle fiches, apparissero le pistole. O forse è qualcosa di molto più personale che aveva ricordato alla vecchia che una volta era stata giovane e bella.

Il fatto che Sam sia ossessionato dal blu, nell’inchiostro delle sue penne ma anche nell’abbigliamento e negli oggetti che lo circondano, non ha niente a che vedere con il colore dei suoi occhi. Alcuni raccontano che sia perché da bambino è caduto in acqua e fosse quasi affogato precipitando in un lago gelato il cui ghiaccio troppo sottile si era rotto sotto il suo peso. Prima di perdere conoscenza era stato più di un minuto immerso in quel blu profondo privo di luce, a scrutare quelli che per lui erano abissi misteriosi popolati da chissà quali personaggi mitologici. Altri invece giurano che il blu gli ricordi quell’esperienza iniziatica che aveva vissuto in un lurido motel del deserto messicano dopo aver ingerito funghi allucinogeni; durante il “viaggio”, tutto blu, Sam aveva ricevuto La rivelazione, aveva capito il senso della vita, ma tutto si era puntualmente dissolto nel nulla quando gli effetti del fungo si erano evaporati. Da allora egli cerca di ritrovare la spiegazione di tutto nel blu di cui si contorna…

Gli unici vezzi e vizi conosciuti di Sam Stoner sono le sigarette di cioccolata che mangia forse solo due volte al giorno ma che tiene, ancora con la loro cartina bianca protettiva intorno, appese alle labbra dalla mattina alla sera, e la sua bevanda preferita, l’effervescente Brioschi. Le prime se le fa arrivare direttamente dal Belgio, patria della cioccolata ma anche di suo nonno, un diamantario ebreo fuggito da Anversa nel ‘39. Quando era arrivato a New York aveva cambiato il suo nome in Stoner, “pietraio” , riprendendo a esercitare il suo mestiere, tagliando e vendendo pietre preziose; era sempre rimasto un oscuro lavorante nascosto nel retrobottega di un’altrettanto oscura gioielleria del quartiere yiddish, ma era riuscito a mandare il figlio all’università. Di questo si era poi amaramente pentito, perché suo figlio, il padre di Sam, fuori dal ghetto aveva conosciuto troppa libertà, aveva smesso di mangiare kosher, di santificare lo shabat e alla fine aveva anche sposato una goy, una ragazza cattolica di origini italiane. Da quel giorno il padre ripudiò definitivamente il figlio, e Sam non conobbe mai suo nonno, belga come le sigarette di cioccolato che mangia.

L’effervescente Brioschi invece se lo fa venire dall’Italia, retaggio di quella santa donna di sua madre, tutta bellezza, passione e carattere, i cui genitori umbri avevano lasciato la Madre Patria per costruirsi un futuro migliore in America, senza mai però imparare l’inglese e continuando a parlare in dialetto. Si installarono a Little Italy dopo essere rimasti tre mesi parcheggiati a Ellis Island insieme a tanti loro connazionali, in attesa che le autorità americane concedessero loro di sbarcare sulla terra ferma per rifarsi una vita. Col tempo, dopo aver fatto mille lavori umili, riuscirono ad aprire una piccola bottega di prodotti tipici italiani, che pian piano negli anni si era ingrandita diventando un’istituzione per i newyorkesi. Little Italy vide i natali della madre di Sam e dei suoi sette fratelli e sorelle. Ma è lei di cui i genitori vanno più orgogliosi, quella che ha studiato e si è sposata con quel bell’uomo dagli occhi azzurri; vabbé, non è cattolico, però non va più alla sinagoga, festeggia con loro il Santo Natale e ha lasciato che il piccolo Sam crescesse nel grembo della Santa Chiesa…

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