RECENSIONI: Cormac McCarthy | Non è un paese per vecchi

Anton Chigurh, il cattivo, in una scena del film dei fratelli Cohen
Per chi non lo conosce, è uno dei quattro grandi autori americani contemporanei insieme a Don De Lillo, Pynchon e Philp Roth.
Non è facile leggere McCarthy. Ma se ci riesci, assapori un gusto unico.
Tra i suoi romanzi questo è il più fruibile, oserei dire il più facile da leggere. Sarà che ne è stato tratto un film di grande successo a firma dei fratelli Cohen: una pellicola fedele al romanzo, capace di riportare sullo schermo l’essenza, lo spirito di questo intenso romanzo.
Il linguaggio adottato da McCarthy è semplice. Già, sembra quasi una bestemmia per chi conosce la sua scrittura, ma ciò che ha fatto è qualcosa di micidiale: elabora una narrazione secca, asciutta e spietata. Niente fronzoli, niente trucchetti. Qualcuno potrebbe obiettare che è facile raccontare una storia in questo modo. Be’, questo qualcuno sarebbe in malafede. Perché non esistono oggi autori capaci di mantenere una tale coerenza di scrittura per 250 pagine. Mai uno scivolone, un solo termine fuori posto, una frase che suoni scontata, un periodo che non mantenga la sua musicalità. Quella del blues più amaro a dodici corde di LeadBelly.
Cormac McCarthy
Qui c’è il sud degli Stati Uniti, e c’è la sconfitta di ogni valore posto alla base della società. Qui c’è il totale sprezzo della vita e della legge, del buon senso e della morale.
La sola voce narrante è dello sceriffo Bell. Un uomo deciso a difendere la propria gente e a mantenere l’ordine sociale. Non perché così gli è stato detto di fare, ma perché è così che deve essere.
Una voce stanca e sorpresa, sincera e comprensiva. Una di quelle voci che sanno come va il mondo, che sanno quando è tempo di far tacere la legge e lasciar correre e quando è necessario far scintillare la stella e la canna zincata della sua pistola. C’è il cattivo, Chigurh: uno dei più spietati cattivi mai incontrati nella storia del Noir. McCarthy non lo glorifica, lo racconta. Un tipo del quale aver paura. “Una persona qualunque” lo descrive un testimone. “Un killer psicopatico”, lo descrive un altro sicario. Uno che si fa arrestare solo per vedere come riuscirà a far fuori i poliziotti e poi fuggire.
E poi ci sono rapporti matrimoniali fuori dall’ordinario, trafficanti di droga, brava gente attratta dal crimine, un mucchio di soldi che passa di mano in mano, una scia di sangue e violenza dalla quale nessuno si salva. Il tutto narrato senza affanno. Come diceva il protagonista del film Gli Spietati, William Munny (Clint Eastwood N.d.A.): per restare vivo bisogna essere freddi, guardare negli occhi chi ti sta davanti e colpirlo, fregandosene delle pallottole che sibilano vicino la testa. E non importa quanti avversari hai davanti, conta solo restare freddi. E questo McCarthy lo sa bene.
Stesso registro per i dialoghi. Sembra che McCarthy utilizzi lo scalpello. Ogni battuta, un nuovo intaglio. Fino a dar forma a personaggi possenti che trasudano onestà. Nessun personaggio sopra le righe. Nessuna parola fuori posto. Le battute sono dette a mezza bocca, non per far sorridere ma perché così si parla nel Texas.

Da leggere.

Trama: Nel 1980, nel Texas meridionale, al confine con il Messico, il giovane Llewelyn Moss, un reduce dal Vietnam, si imbatte, mentre sta cacciando antilopi nella prateria, in un convoglio di jeep colme di cadaveri, di droga e di soldi. Prende i soldi e decide di tenerseli, ma diventa subito la preda di una spietata partita di caccia: inseguito dai trafficanti, da uno sceriffo vecchia maniera, nonché dal solitario Chigurh, un assassino psicopatico munito di una pistola da mattatoio. Moss tenta disperatamente di sfuggire a un destino inevitabile, coinvolgendo per ingenuità la giovanissima moglie.

Cormac Mc Carthy
Non è un paese per vecchi
Einaudi
pag 250
€ 10,80
Traduzione di Martina Testa



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